Intervento di scavo archeologico della chiesa

Articolo estratto da: Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana 8/2012, pp. 355-361
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Arezzo. Fortezza medicea: intervento di scavo archeologico della chiesa di S. Donato in Cremona

Nel periodo compreso tra il 18 ottobre e il 18 dicembre 2012 si è svolta la prima fase di scavo archeologico nell’area della chiesa di San Donato in Cremona (circa 460 m²), individuata a nord-est del bastione della Chiesa in occasione del saggio esplorativo eseguito nel 2008 (Vilucchi 2010, pp. 284-285) con lo scopo di identificare l’esatta localizzazione della chiesa e valutare il potenziale del deposito stratigrafico di questa porzione dell’area sommitale interna della Fortezza (fig. 27).
Durante le attività di controllo dei movimenti di terra in corso per la realizzazione del progetto di recupero del monumento, alla fine di luglio 2012, erano state messe in luce le rasature dei muri perimetrali della chiesa per cui era stato possibile determinarne sia l’orientamento che l’estensione: citata per la prima volta in un documento del 1098 (Pasqui 1937, p. 285), nelle forme rinvenute misura 24×10,40 m ed è suddivisa in tre navate da tre coppie di pilastri. Come già verificato nel saggio del 2008, a conferma di quanto documentato in una planimetria del 1801, all’interno della chiesa sono stati individuati sette silos granari costruiti in mattoni; lungo il muro perimetrale sud è stata portata in luce l’esatta estensione dell’ossario già parzialmente visto nel 2008, che presenta forma rettangolare (2,70×2,15 m) ed è realizzato completamente in laterizi.
Da segnalare che, nella zona a nord-est esterna alla chiesa sono stati identificati altri sei silos identici e l’allineamento di sei elementi strutturali di cui ancora non è stata riconosciuta la funzione.
I primi interventi si sono concentrati nella zona est dove durante le attività di movimento terra era stata notata in sezione una struttura inglobata nel muro perimetrale della Fortezza, conservata in elevato e riconosciuta come l’evidenza superstite dell’abside semicircolare della chiesa. Tra il muro perimetrale della Fortezza e il muro presbiteriale della chiesa, è apparso uno strato di grassello di calce e sabbia pura di forma pressoché quadrangolare (probabile area di cantiere di epoca moderna) e tre strati maceriosi distinguibili tra loro per consistenza e matrice del sedimento, interpretati come livelli di riempimento di epoca recente, composti da frammenti di coppi, laterizi, mezzane, pietre misti a sabbia e malta in disfacimento, la cui asportazione ha permesso di identificare l’esatta estensione del muro presbiteriale, un’ulteriore porzione del perimetrale sud della chiesa e la presenza di una struttura quadrangolare (0,80×0,80 m) realizzata in laterizi legati da malta localizzata a ridosso del muro presbiteriale stesso, con caratteristiche molto simili agli areatori presenti sulla sommità dei camminamenti dei bastioni e dei perimetrali della Fortezza.
Si è poi proceduto all’indagine archeologica all’interno dell’aula (fig. 28), nella zona compresa tra il muro presbiteriale e il perimetrale est dell’ossario, in modo da includere e ampliare, il saggio di scavo del 2008 ed é stata circoscritta un’area di circa 45 m²: sotto uno strato di livellamento a matrice sabbio-argillosa misto a pietrisco, frammenti di laterizi, coppi e tegole, uno strato a matrice sabbiosa caratterizzato dalla presenza di grumi di argilla pura e pietrisco da ricondurre probabilmente alla presenza di un cantiere di ristrutturazione del muro e alla sbozzatura delle pietre relative. Su questo è stato identificato un taglio di forma regolare nell’angolo tra la parete dell’ossario e il perimetrale sud della chiesa, una sepoltura a fossa di inumato di cui rimangono solo gli arti inferiori, poiché la parte del bacino e del tronco sono stati asportati al momento dell’edificazione dell’ossario, che risulta essere costruito contro terra.
L’asportazione di successivi livelli di rialzamento e riempimento ha permesso di identificare un’apertura presente nel perimetrale sud della chiesa, una struttura in pietra che costituisce una sorta di ‘corridoio’ in corrispondenza dell’accesso laterale, un lacerto di pavimento in mezzane disposte a formare un disegno (la fascia centrale disposta in orizzontale e quelle laterali disposte verticalmente) e un’ulteriore struttura in pietra che costituisce l’altro lato del ‘corridoio’.
La sezione della sedimentazione scavata in corrispondenza dell’apertura, a una quota di circa 1 m dal piano di calpestio attuale, ha permesso di documentare la presenza di uno scalino in pietra rivestito da mezzane e, ad una quota ancora inferiore (circa 0,20 m), uno strato di calce e pietre che costituisce la preparazione per l’alloggio di un altro scalino asportato.
In corrispondenza dell’accesso laterale, all’esterno della chiesa, è stato realizzato un saggio (4×1 m) per verificare l’esistenza del piano di calpestio, che ha reso visibile il paramento esterno della chiesa e la soglia su cui sono stati posti in opera alcuni laterizi, legati da malta e cemento, utilizzati per tamponare l’apertura stessa in epoca recente.
La regolarizzazione dei limiti dell’area in cui approfondire lo scavo ha permesso di identificare inoltre uno scalino in pietra a ridosso del muro presbiteriale posto al centro della navata centrale della chiesa.


L’arco cronologico della stratigrafia fin qui documentata all’interno della chiesa va dal tardo XVI alla metà del XVIII secolo. Tra i materiali recuperati assume particolare rilievo la presenza di una grande quantità di ossa umane (dovuta certamente allo sconvolgimento di stratigrafie interessate da sepolture) e l’alta percentuale di materiale residuale proveniente da depositi stratigrafici di età antica, prelevati non lontano, per livellare e innalzare le quote interne della chiesa nelle varie fasi di ristrutturazione.
Nella navata centrale, tra i primi due pilastri, al di sotto di uno dei silos in laterizi citati (fig. 29), è stato identificato uno stato di pietrisco misto a sabbia di colore marrone-grigio con numerosi frustuli di carbone e grumi di malta che copriva una struttura semicircolare (messa in luce parzialmente) costituita da pareti di sedimento termotrasformato e fondo in pietre arrossate da attività di cottura, che è risultata riempita da lenti di carbone e di sabbia. Il confronto con strutture simili (p. es. Badia a Soffena, De Marco, Vilucchi 1996), la sua localizzazione e la presenza sul lato est di un canale d’alimentazione, consentono di identificare il manufatto come fornace, probabilmente da campana, relativa ad una delle fasi costruttive della chiesa. I rapporti stratigrafici e i reperti rinvenuti sono riferibili ad un orizzonte cronologico di metà XIV-XV secolo, ma una maggior precisione sul periodo d’impianto della fornace potrà essere determinato solo con la ripresa dei lavori e il completamento dell’indagine.
È stato a questo punto ripreso lo scavo della zona presbiteriale, dove una serie di elementi e l’accumulo di consistenti macerie edilizie, facevano supporre l’esistenza di ambienti sottostanti: a una quota di circa 4 m dalle rasature dei muri perimetrali è stato riportato alla luce un ambiente ipogeo ampio circa 67 m², utilizzato, almeno nella fase più recente, come cripta, con abside di forma quadrangolare sul lato est (fig. 30).
Le volte a crociera, che costituiscono la copertura dell’ambiente e di cui sono conservate otto delle dieci mensole di appoggio, dovettero essere distrutte nel 1800 e forse negli anni successivi, e l’ambiente riempito di macerie e obliterato.
Il fondo risulta essere pavimentato per la maggior parte della superficie in opera incerta con lastre in pietra e l’utilizzo di alcuni frammenti di laterizi; nell’angolo nord est, sono stati identificati due lacerti di pavimentazione in cocciopesto.
Nella zona centrale sono state messe in luce due colonne lisce ancora in situ chiaramente di recupero e riutilizzo: la colonna di destra, di granito con base di marmo, quella di sinistra, in pietra serena su una base quadrangolare in pietra i cui angoli sono decorati con motivi vegetali stilizzati (fig. 31).
Il paramento murario della cripta è realizzato con bozze regolari di calcare alberese con rari elementi architettonici di riutilizzo.
Nel lato sud dell’ambiente sono visibili due aperture: la prima, a sud-est, per le caratteristiche costruttive e il materiale impiegato (finestra strombata realizzata in laterizi e poi intonacata) sembra essere contestuale alla realizzazione della fortezza della seconda metà del XVI secolo; la seconda, nei pressi dell’angolo ovest dell’ambiente, non è stata svuotata completamente per esigenze di cantiere: in sezione è visibile almeno uno scalino in pietra per cui è possibile ricondurre la presenza dell’apertura a un accesso esterno.
In corrispondenza dell’angolo nord del paramento murario utilizzato anche come muro presbiteriale si è potuto notare la presenza di un’altra apertura tamponata, al di sotto della quale è visibile una fodera in laterizi e un elemento litico che sporge dal paramento nord. Tali evidenze potrebbero essere messe in relazione con la presenza di una scala, poi asportata, che consentiva l’accesso alla cripta dall’interno della chiesa. Dalla parte opposta del muro presbiteriale è stata messa in luce un’apertura non completamente tamponata al cui interno sono visibili tre scalini in pietra.
Il rapporto stratigrafico tra il muro ovest della cripta e i perimetrali della chiesa ci mostra che questo non è stato costruito in fase con essi, ma si appoggia a entrambi ed è pertanto relativo ad una fase costruttiva successiva.
Al di sopra dell’abside della c.d. cripta (fig. 32), è stata messa in luce una porzione (lunghezza lineare di 1,65 m) dell’abside semicircolare della chiesa superiore che presenta una muratura simile a quella identificata all’interno della cripta, con bozze di calcare, e s’imposta direttamente sulle volte a crociera, a una quota superiore di circa 0,80 m rispetto al gradino identificato al centro del muro presbiteriale, in asse con la navata centrale.

Silvia Vilucchi*, Hermann Salvadori**

* Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana
** Collaboratore esterno della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana

Bibliografia
DE MARCO M., VILUCCHI S. 1996, Castelfranco di sopra. Badia a Soffena, in Un quinquennio di attività della Soprintendenza Archeologica per la Toscana nel territorio aretino (1990 -1995 ), Supplemento agli Atti dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezzo, Arezzo, pp. 114-117.
PASQUI U. 1937, Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo, R. Deputazione di Storia Patria Firenze, vol. III.
VILUCCHI S. 2010, Arezzo. Saggio archeologico esplorativo presso il Bastione della Chiesa della Fortezza Medicea, in Notiziario Toscana 5 , 2009 [2010], pp. 284-285.